IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale. A seguito di istruzione sommaria, Elabsi Slim Ben Mabruk veniva trattato a giudizio del tribunale per rispondere, in concorso con altre sei persone, dei reati di cui agli artt. 71 (detenzione di non modica quantita' di eroina) e 75 (associazione a fine di spaccio di eroina) della legge n. 685/1975. All'udienza del 4 dicembre 1989 tutti gli imputati formulavano richiesta di procedere nelle forme del giudizio abbreviato ai sensi dell'art. 247 del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (norme transitorie del c.p.p.). Il pubblico ministero prestava il proprio consenso in relazione ad alcuni soltanto degli imputati, ritenendo che per altri occorresse procedere ad istruzione dibattimentale. La difesa di questi ultimi imputati eccepiva la illegittimita' costituzionale, sotto il profilo degli artt. 3 e 25 della Costituzione, del citato art. 247 in quanto non consentiva al giudice di sindacare il dissenso del pubblico ministero. Il tribunale respingeva entrambe le richieste della difesa, rilevando: a) la necessita' di procedere ad atti di istruzione dibattimentale (deposizione degli ufficiali di polizia giudiziaria che avevano operato l'arresto) ricorreva per tutti gli imputati, sicche' per nessuno di essi il merito dell'accusa poteva essere deciso allo stato degli atti; b) la questione di legittimita' costituzionale non era allo stato rilevante, in quanto nessuna lesione di norme costituzionali poteva discendere dal mero svolgimento del processo nelle forme piu' garantite del dibattimento. A conclusione del dibattimento - nel corso del quale venivano assunte le deposizioni di due degli ufficiali di p.g. operanti - il tribunale assolveva tutti gli imputati dal reato di cui all'art. 75 della legge n. 685/1975 per insussistenza del fatto e, salvo l'Elabsi che aveva rivendicato la detenzione esclusiva dell'eroina, dal reato di cui all'art. 71 per non aver commesso il fatto. Al fine di valutare la rilevanza e la fondatezza della questione sottoposta all'esame della Corte, giova premettere che il tribunale ha ritenuto di non poter decidere allo stato degli atti con riferimento alla sola imputazione di cui all'art. 71 della legge n. 685/1975, atteso che del reato di cui all'art. 75 della legge citata non sussisteva il benche' minimo elemento che potesse essere utilmente approfondito con l'indagine dibattimentale. L'unico concreto fatto oggetto della indagine penale e' in effetti il rinvenimento, nell'appartamento occupato dagli imputati al momento della irruzione della polizia, di circa due grammi di eroina; la necessita' di sentire gli ufficiali di p.g. nasceva percio' dall'esigenza di chiarire il rapporto - lasciato in ombra dall'istruzione sommaria - di ciascuno degli imputati con il predetto appartamento. Detto chiarimento appariva necessario, in relazione allo Elabsi, per verificare non solo l'autenticita' della sua confessione, ma anche l'esistenza dell'aggravante contestata in relazione al numero dei concorrenti (art. 74, n. 2, della legge n. 685/1975). Ad avviso del collegio non puo' addivenirsi alla pronuncia di condanna - di cui ricorrono i presupposti - dello Elabsi, senza prima rimuovere la situazione legislativa che, in violazione degli artt. 3 e 25 della Costituzione, non consente di applicare nella specie la diminuente prevista dall'art. 442 del c.p.p., richiamato dall'art. 247 delle disposizioni transitorie. L'impossibilita' di applicare la predetta diminuente discende dal fatto che, essendosi il dibatttimento svolto con le forme del giudizio ordinario, l'integrazione probatoria ritenuta necessaria dal tribunale per la decisione del merito ha impedito la trasformazione del dibattimento stesso in giudizio abbreviato e, conseguentemente, l'applicazione del trattamento sanzionatorio di favore previsto nell'art. 442 del c.p.p. Al contrario, se il dibattimento si fosse svolto nelle forme del giudizio direttissimo, la richiesta dello Esabsi e il consenso del pubblico ministero ne avrebbero determinato, ai sensi dell'art. 452, secondo comma, del c.p.p., l'automatica trasformazione in giudizio abbreviato, che l'integrazione probatoria disposta dal tribunale (eventualmente estesa alla perizia) non avrebbe quindi precluso, con la conseguente appplicabilita' della diminuente di cui all'art. 442 del c.p.p. E' del tutto evidente, dunque, che per lo stesso fatto e pur procedendosi alle stesse (o addirittura meno estese) attivita' processuali, l'imputato e' sottoposto a diverso trattamento sanzionatorio a seconda della etichetta processuale che assume il giudizio, con conseguente lesione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, il quale consente diversita' di trattamenti solo in quanto trovino fondamento in una giustificazione ragionevole, che non puo' certo identificarsi nella accidentale diversita' delle forme processuali con cui il fatto viene accertato. La situazione sopra descritta si pone altresi' in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, non potendo su di essa incidere in alcun modo l'attivita' difensiva dell'imputato, nonche' con l'art. 25, secondo comma, della Costituzione. Il principio di stretta legalita' sancito in quest'ultima norma esige infatti che la sanzione sia ancorata ed un "fatto", cioe' ad una condotta materiale dell'imputato, non gia' al tipo di attivita' processuale con cui tale condotta viene accertata.